Ho giurato di preservare lo Stato di diritto e non cederò alle pressioni. Se lo facessi, significherebbe piegare la testa di fronte all’illegalità e all’ingiustizia.
A.D. 2017. A parlare non è un eroico funzionario di qualche dittatura centroafricana, ma la presidentessa della Corte Suprema di un Paese da ormai quattordici anni solidamente europeo, la Polonia.
Da quando nell’ottobre 2015 al potere è ritornato il partito di destra “nostalgica” del PiS (Diritto e Giustizia), conquistando una solida maggioranza di governo dopo essersi già assicurato la presidenza della Repubblica, il Paese ha smesso di essere l’allievo-modello di Bruxelles e – come raccontavamo anche su questo blog giusto un anno fa – ha iniziato a destare serie preoccupazioni per la deriva anti-democratica.
Dopo mesi di appelli e richiami, però, nell’ultima settimana “operativa” dell’anno la Commissione europea ha finalmente preso il coraggio a due mani rifilando alla Polonia una lezione che difficilmente il governo di Varsavia (e non solo) potrà ignorare.